“Aspetta, oh… non hai capito…” – “Eh allora mi sa di no…” le sorrise “Non volevi un cocktail? Stavi lì a parlare di braccialetti, di mance, di cose…”. Lei scosse la testa tracannando un lungo sorso di gin e soda: “No, ti chiedevo se c’avevi qualcosa..”. Gli scappò una risata ai limiti del compassionevole. La guardò bene alla luce del sole e senza le mille distrazioni di corpi che turbinavano intorno. Seno giusto appena coperto da due triangoli di costume tipo maglina all’uncinetto, manco a dirlo stile bandiera della pace e una mutandina sgambatissima tenuta su con due laccetti sui fianchi. Qualche tatuaggio di troppo, old-school, sparsi con pochissimo criterio. Le treccine erano due, su un lato, quello destro. A sinistra una rasatura alta, di quelle tirate su direttamente con la macchinetta regola-barba. Due bulloni a tintinnare invece degli elastici sotto le treccine. Roba che sei avesse avuto una famiglia, c’avrebbe dovuto pensare tre volte prima di invitarla la domenica. La risposta gli venne fuori insieme ad una risata: “E secondo te io dico che ce l’ho alla prima che passa?” – “Perché, credi che tutti gli altri ti chiedono la tessera sanitaria prima?”. Ragazza spigliata, parlantina, onestamente anche belle tette e bel culo, col fascino tossico e un po’ ossuto di tutte le alternative un bel po’ strafatte. “Comunque no, non ce l’ho…”. Sorrise, gli si avvicinò con la scusa di brindare, spingendosi sulle punte dei piedi per raggiungergli l’orecchio: “E qui arrivo io… la vuoi?”.
EH!
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Great!
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