Lo fermò tirandolo dal polso, visto che la risposta tardava ad arrivare. Si era chiuso in un mutismo sorridente che stava irritando tremendamente la ragazzetta dalle treccine imbullonate. “No, dai, sul serio… gli amici tuoi dove stanno?”. Il tono si era fatto quasi inquisitorio, se non fosse stato per il sorriso a tratti incredulo. Fece il misterioso, alzando le spalle e fingendo di guardarsi attorno, di cercare la postazione in quel mare di ombrelloni bordeaux aperti e di sedie a sdraio abbandonate qua e là nella sabbia. Allargò le mani arrendevole. Lo incalzò: “Non è che adesso mi piomba una sguaiatissima Anna Tatangelo della mutua con una Heineken vuota in mano pronta a difendere da brava femmina Alfa il capobranco?”. Si guardò di colpo alle spalle, girò lo sguardo intorno, poi tornò a guardare lei: “Certo che quanto ti piace viaggiare con quella testa eh?”. La ragazza si sfilò gli occhiali per la prima volta, infilando una delle due stanghette tra i triangolini di stoffa proprio tra i seni. Poteva guardarle gli occhi per la prima volta; capelli decolorati confessati lì da quegli occhi marrone nocciola, a modo loro troppo caldi per tinte platinate e troppo nordiche: “Vabbeh, ma uno che passa Ferragosto da solo a Gallipoli, col braccialetto del free drink e la Gazzetta dello Sport sotto il braccio è proprio uno triste da morire… c’avrai settant’anni… portati benissimo ma quelli saranno: sessanta, settanta.”. Le puntò l’indice sulla fronte, spingendola solo un pochino indietro: “A me non piace avere sempre troppa gente intorno, signorina…”. Lei lo guardò perplessa a liquidare una battuta forse troppo insistita: “Sì, sì, ovvio che sì, io comunque sono Valeria, così la finisci di chiamarmi treccine o signorina o cosa…”. Le prese la mano: “Vincenzo…”.
E bravo Vincenzo!
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Così si fa!
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